Caro Mario,
in questo periodo penso spesso che sono molto fortunata a conoscere la vostra Fondazione Scientifica. In questo tempo di caos ho qualcuno di cui fidarmi. Mi fido perché il vostro punto di vista si è dimostrato in questi mesi sempre evidente e attendibile. Mi fido perché vedo che il vostro modo di procedere non è volto ad un’affermazione pubblica ma ad una ricerca del modo migliore per leggere e migliorare la realtà. Per questo parlo spesso di voi ai miei amici. Uso questa frase “Questi scienziati che conosco hanno detto che…”. E’ una frase però che sento infantile, ambigua. Penso che sia per la sfumatura che la parola “scienziato” ha assunto nel nostro immaginario collettivo. Al sentire la parola “scienziato” subito compare nella mente un camice bianco un po’ ospedaliero, a stento il pensiero fa sparire uno stetoscopio dal taschino ma insieme ad esso fatica a sparire il carattere salvifico, misterioso ma anche un po’ vago e sospetto che si lega a questa figura.
Chi siete? Cosa fate? Quali misteri ci nascondete?
Ora consentimi di raccontarti un paragone che tante volte mi è passato per la mente.
Nella prima scena di “Edipo re” di Sofocle, Tebe è preda della peste. Edipo allora (il politico) manda Creonte a Delfi, per chiedere all’oracolo la causa della peste. L’oracolo dice che il problema sta nel fatto che l’assassino di Laio è ancora in città. Edipo allora chiede a Tiresia, l’indovino, chi potrebbe essere l’assassino. Tiresia non vuole dirlo ma alla fine è costretto a dire al sovrano che lui, Edipo stesso, è l’assassino del re Laio, non solo, ma egli ha giaciuto con la regina sua madre. Edipo non può accettare di essere il responsabile della peste dunque lo scaccia.
Ora so che il paragone è azzardato ma in questo periodo vi ho associato qualche volta a questo Tiresia, l’indovino.
E’ la parte di chi dice una verità difficile e per questo non viene ascoltato che mi ha fatto pensare a voi. Spesso le vostre previsioni sono difficili da accettare.
Ma temo di avervi associati a Tiresia per un altro motivo e cioè, come dicevo prima, per il ruolo ambiguo che continuate ad assumere nel nostro immaginario.
Lo so che inorridisci nel sentirti accostare ad un indovino. Ma sono convinta che le percezioni distorte devono essere guardate e raddrizzate. Dobbiamo poter essere convinti di passare da “indovino” a “scienziato”, da “manipolatore” a “informatore scientifico”.
La vostra lettura dei simboli numerici non è basata su un intuito sacerdotale ma su metodi e formule tramandate da generazioni, su ricerche confermate o confutate. Ma è ancora un sapere in qualche modo “oracolare” visto che consiste di simboli, di formule che millenni fa qualcuno ha cominciato ad usare per carpire i “segreti” del reale.
Abbiamo bisogno di penetrare un po’ nei vostri metodi per fidarci.
I numeri e le formule che risultano dal vostro lavoro sono sani, ma gli uomini non sono sani per niente in questo periodo. Se cominciamo a capire qual’è il vostro modo di procedere e di osservare la realtà, forse potremmo uscire da questo stato di peste di corpo e di mente, forse potremmo smettere di ascoltare numeri di morti e ammalati come strane formule magiche che ipnotizzano.
E ora ho un’ultima curiosità: hai avuto anche tu la tentazione, dovendo dire i tuoi responsi e le tue profezie (lo so che è una pessima parola ma mi dirai tu la parola giusta da usare), di non dirli per niente e lasciare Edipo nell’ignoranza?
Ti ringrazio per il tempo che dedicherai alla risposta,
sarà per me prezioso.
Angela